Receopinione: la saga di Final Fantasy XIII

Final Fantasy XIII rappresenta l’ultimo capitolo single player dell’acclamata saga di giochi di ruolo che nasce esattamente 27 anni or sono, sul lontanissimo NES. Una delle serie di maggior successo, Final Fantasy ha sempre vantato titoli che hanno contribuito a formare l’industria ed il genere dei GdR tramite costanti innovazioni di gameplay che, capitolo dopo capitolo, accompagnano i giocatori in storie di tradimenti, amori, amicizie e mondi da salvare.  Dopo gli esperimenti di Before Crisis, Dirge of Cerberus e Crisis Core (la famosa  “FF VII Compilation” ), Square-Enix pubblica il primo vero seguito di un episodio della saga nella forma di Final Fantasy X-2, ma è solo con l’arrivo del tredicesimo capitolo che una parte della saga punta a divenire una serie a sé stante.

La domanda è: Final Fantasy XIII ha quello che serve per riuscirci?

La prima cosa da tenere a mente prima di parlare di questo titolo è la sua appartenenza alla sotto-serie Fabula Nova Crystallis Final Fantasy, un tentativo da parte di Square-Enix di collegare i successivi capitoli e spin-off della serie attraverso una mitologia e dei temi comuni. Personalmente resto sempre abbastanza scettico verso questi progetti multimedia, il cui unico risultato è quello di produrre una storia spezzettata e confusa, sparsa su più fronti, che costringe il giocatore medio a dei tour de force di più giochi o a ricerche online. Nel migliore dei casi si tratta di un tentativo di narrazione epica decisamente estenuante; nel peggiore, un tentativo di fare più soldi possibile.

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L’ambientazione

Ed infatti, facendo partire l’analisi di questa saga proprio dal’ambientazione, si capisce subito che Final Fantasy XIII non è capace di stare in piedi da solo. I personaggi e gli eventi di questo capitolo della saga fanno continuo riferimento ai temi di questa “Fabula Nova“, lasciando al giocatore l’ingrato compito di far riferimento ad una enciclopedia interna al gioco nel caso fosse interessato a capire; termini arbitrari (e confusionari) come Fal’cie, L’cie e Cie’th vengono presentati al giocatore in modo abbastanza sbrigativo, ed in generale i mondi gemelli di Grand Pulse e Cocoon vengono presentati con una storia ed un passato -ma spesso dati per scontati o non approfonditi.

È inevitabile data una una mitologia creata in modo artificiale, e non espandendo e presentando diversi concetti capitolo dopo capitolo (alla Elder Scrolls, per intenderci), ma il risultato rimane comunque confusionario e disorganico. Il primo motore degli eventi del gioco, ad esempio, sono i Fal’cie, esseri meccanici semi-divini ed imperscrutabili, capaci di intervenire direttamente nel mondo “marchiando” alcuni umani come propri emissari e servitori (L’cie) al fine di perseguire uno dei loro insondabili obiettivi. Questo viene presentato durante le prime ore di gioco tramite i dialoghi di alcuni personaggi che, comprensibilmente, usano questi termini e concetti come se fossero d’uso comune; il giocatore viene tuttavia lasciato all’oscuro di molti retroscena ed altrettante implicazioni di questo strano mondo, trovandosi indirizzato verso l’enciclopedia interna in caso di domande.

Tutto questo contribuisce a creare un certo senso di alienazione dagli eventi del gioco, reso ancora più frustrante da un cast di protagonisti decisamente non all’altezza.

La storia e il gameplay

Senza stare a dilungarmi in inutili spoiler, ero pronto al confronto con un prodotto decisamente controverso e devo dire che effettivamente questo capitolo della serie merita tutti i discorsi che vi sono stati fatti sopra: Final Fantasy XIII ha ricevuto numerose critiche per la sua natura lineare, che il game director Toriyama (no, non lo stesso di Dragonball ;) ) ha definito come necessaria in una intervista, dato l’obiettivo di raccontare una storia. Traduco:

“… ma noi abbiamo una storia da raccontare, ed è importante che il giocatore interagisca con i personaggi ed il mondo in cui abitano prima di essere lasciati liberi [...] diventa difficile raccontare una storia avvincente se si lascia troppa libertà

Effettivamente traspare nel gioco una volontà quasi dittatoriale di raccontare una storia – nello stesso modo in cui potrebbe raccontarla un lungometraggio di animazione. Stiamo parlando di un GdR senza overworld, senza città, dove i negozi sono incorporati nei save point, dove ogni location (tranne una) è fondamentalmente un corridoio con qualche vicolo cieco, dove il sistema di battaglia è (quasi) del tutto automatizzato, dove è possibile controllare un solo personaggio alla volta e, sebbene esistano incantesimi ed attacchi ad area, è impossibile muovere o posizionare i propri personaggi sul campo di battaglia.

L’elemento di gameplay è non solo ridotto al minimo possibile, ma sempre costretto all’interno di barriere artificiali che ne limitano lo sviluppo: livello dei personaggi, equipaggiamento, accesso ai negozi – tutto inaccessibile dall’inizio, e sbloccato alla fine di alcune parti del gioco capitolo per capitolo. Final Fantasy XIII è effettivamente il “punto zero” del gioco di ruolo, da sorbire passivamente (persino nel combattimento, dotato di una modalità “autobattle”), più simile ad un anime che ad un videogioco, con un cast di personaggi facilmente caratterizzati dal un “ruolo” (Snow l’eroe rivoluzionario shonen; Sazh il comic relief di colore; Hope l’orfano in cerca di vendetta) e un gruppo che si separa e si riunisce generando diverse linee narrative (che finiscono per obbligare il giocatore ad usare alcuni personaggi piuttosto che altri).

No, non sto scherzando -penso sia veramente andata così.

No, non sto scherzando -penso sia veramente andata così.

Final Fantasy XIII-2

Per la realizzazione di Final Fantasy XIII-2 sale a bordo del team di sviluppo la software house tri-Ace, e si vede. Lo studio responsabile della serie di Star Ocean e Valkyrie Profile riesce nell’impossibile compito di ampliare il sistema di battaglia del capitolo precedente, rendendolo più che giocabile e decisamente una esperienza piacevole. Il party è ora composto da due personaggi, capaci di assumere ognuno dei ruoli fondamentali, più un terzo, reclutato tra i mostri sconfitti, capace di un solo ruolo; il risultato è finalmente un battle system che premia preparazione, personalizzazione e “grinding”, con la possibilità di reclutare persino alcuni boss e di fondere tra loro mostri diversi per ottenerne le abilità.  A livello di gameplay, insomma, questo episodio si dimostra inaspettatamente superbo. Minigiochi vecchio stile, una struttura decisamente NON lineare (a base di viaggi nel tempo e linee temporali alternative) e la possibilità di ripetere alcune parti della storia (prendendo decisioni diverse o sconfiggendo event boss prima inaccessibili) rendono Final Fantasy XIII-2 una esperienza solida ed estremamente piacevole.

La storia, purtroppo, lascia sempre a desiderare: dato che il gioco utilizza alcune gabole a base di viaggi nel tempo ed interventi divini per correggere leggermente il finale del capitolo precedente, il risultato è un seguito quasi irriconoscibile che – nuovamente – attinge a piene mani dai temi della Fabula Nova, stordendo – nuovamente – il giocatore introducendo – nuovamente – altri concetti, personaggi e deus ex machina vari. Se a questo si aggiunge (leggero spoiler) un finale “To be continued…” che vorrebbe fungere da prologo a Lighting Returns, l’esperienza narrativa di FF XIII-2 rimane abbastanza carente. Forse peggio di tutto questo, tuttavia, è l’irritante presenza-assenza di Lightning, una dei protagonisti del capitolo precedente e qui promossa a Mary Sue e primo motore degli eventi: in barba ad ogni regola narrativa, la vera protagonista di questo gioco è un personaggio non-controllabile e semi-onnipotente, inarrivabile ma costantemente inseguito dai personaggi giocanti, con un tempo totale in scena di circa mezz’ora (il riferimento alla vignetta è più che realistico).

…e Lightning Returns?

Non avendoci giocato a lungo, al momento posso dire semplicemente che Lightning Returns è, in ogni suo aspetto, la coerente conclusione di una saga traballante e sgangherata.

La storia (nel tentativo di concludere questa saga durata 5 anni) riesce ad essere interessante, ma in ultima analisi conferma come il trittico sia da giocare nella sua interezza, e come i singoli capitoli siano solo pezzi incompleti di un mosaico più grosso. Un progetto ambizioso e sulla carta estremamente valido per un GdR moderno, ma che tuttavia naufraga (come ogni buona idea) al contatto con la realtà: per un’unica storia, per quanto sfaccettata e segmentata in più dischi, 180 ore di gioco sono semplicemente troppo. Peggio ancora, la presenza di Lightning in questo capitolo è qualcosa di sinceramente inquietante. Ora in versione messianica, Lightning è “finalmente” l’unico, “carismatico” “protagonista” del gioco: pur di non cedere un secondo di screentime, Lightning Returns riesce ad inventarsi un sistema di battaglia in cui (in modo originale, sia dato atto) nella protagonista si fonde l’uso di quelli che meccanicamente sarebbero tre personaggi diversi. Tramite dei cambi di vestiti simili a quelli di FF X-2, infatti, la protagonista riesce a coprire ruoli diversi, dotati di diverse abilità, diverso equip e persino di tre diverse “barre del tempo”. Il risultato finale è abbastanza per giustificare una occhiata incuriosita, ma le continue pose eroiche e suggestive, i completini sexy & kawaii, e (ciliegina sulla torta) la possibilità di customizzare ogni completo con accessori meccanicamente inutili come occhiali da sole, fiori tra i capelli, cappelli da safari e orecchiette da coniglio… bè, giudicate voi.

“Imbarazzante” è la parola adatta: non certo per il massiccio fanservice, ma piuttosto per l’ammontare di tempo ed energia spesi nella creazione di un gioco che, fondamentalmente, fa della glorificazione della protagonista l’unico obiettivo. Storia, dialoghi, meccaniche di gioco: ogni cosa in Lightning Returns (a partire dal titolo) sottolinea, nemmeno troppo velatamente, quanto la protagonista sia eroica, ultima vera salvezza dell’umanità, ultimo angelo, Redentrice, paladina del Creatore ed altri vari epiteti fantozziani.

Il risultato del trattamento è un gioco meccanicamente interessante e più che valido ridotto ad una fanfiction tripla A di cui solo il creatore, Motomu Toriyama, andrebbe fiero – la stessa persona che vorrebbe inserire Lightning come guest character in ogni prossimo Final Fantasy.

  • turtle

    bello, bello, bello. Bellissimo articolo, mi trovo d’accordo e in disaccordo. A me Final Fantasy XIII è piaciuto, a prescindere da linearità, battle system poco interessante (anche se l’uso degli Optimum mi è piaciuto) ecc ecc..la storia a me è piaciuta molto! Ora sto giocando a Final Fantasy XIII-2 e sinceramente…non sto capendo nulla, proprio nulla! Vado avanti di default ma mi sta dando molto poco..se questo è il preambolo, non immagino Lightning Returns

    • Dan Mycroft

      Non avevo visto questo commento, mi fa piacere che sia stato apprezzato :)

  • Carnage

    Sono d’accordissimo su tutto.
    Pero’ ditemi che mettere Lightning come Guest nei prossimi FF è uno scherzo di cattivo gusto.
    Non so voi ma oo ne ho fin sopra i capelli di lei dal primo capitolo.

    • turtle

      beh meglio Lightning di Serah xD dai Lightning piace perchè è la donna che non deve chiedere mai..

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