[Recensione] Il quinto Beatle

 

I testi di Billy Fury e di Irving Berlin, e non le note dei Beatles, accompagnano alcune delle tavole di questa meravigliosa graphic novel edita in Italia da Panini in un’edizione dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, e già questo la dice lunga. La dice lunga su quanto “Il quinto Beatle” sia una storia diversa dal solito, di come non voglia essere la solita celebrazione della più grande band di tutti i tempi, bensì una storia più focalizzata su un uomo. Finisce per essere allo stesso tempo e una celebrazione dei Beatles, e la storia di un uomo, di un eroe. «Brian era un eroe imperfetto», scrive l’autore nella postfazione, «e con delle pecche, ma comunque un eroe… Come tutti gli eroi perché non avrebbe dovuto avere una vita a fumetti?»

Sono stati in molti, nel tempo, a fregiarsi del titolo di “quinto Beatle”, “Stu” Sutcliffe su tutti, ma questa versione della storia attribuisce questo ruolo a Brian Epstein, manager della band, personaggio essenziale per il loro successo.

«Se c’è mai stato un quinto Beatle, era di certo Brian.»
- Paul McCartney, 1999

«Con il mio aiuto, penso che potrebbero diventare stelle, ma non del palco o dello schermo. Vere stelle, come quelle del firmamento! Quando le vedi, sai che le vedono in tutto il mondo. Quando vediamo tutti le stesse stelle... C'è una connessione, un senso d'appartenenza.»

«Con il mio aiuto, penso che potrebbero diventare stelle, ma non del palco o dello schermo. Vere stelle, come quelle del firmamento! Quando le vedi, sai che le vedono in tutto il mondo. Quando vediamo tutti le stesse stelle… C’è una connessione, un senso d’appartenenza.»

La trama ripercorre, dal punto di vista di Brian Epstein, il periodo compreso tra il 1961 e il 1967: dalla scoperta della band in un locale di Liverpool, fino alla loro definitiva consacrazione con Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e la morte di Brian stesso. La trama è fedele ai fatti, ma non si risparmia il gusto di romanzarli. Vivek J. Tiwary ha studiato la storia del suo protagonista per quasi due decenni, attraverso biografie e parlando con chi ebbe la fortuna di conoscerlo, e ha così dipinto l’immagine di un eroe umano, umanissimo, fragile ma dalle immense aspirazioni, avventato ma sempre presente per i suoi Fab Four. Andrew C. Robinson ha provveduto ai disegni, coniugando egregiamente uno stile cartoonesco e una grande attenzione per i dettagli: i personaggi sono perfettamente riconoscibili, simili alle loro controparti reali, anche senza il bisogno di sembrare un fotoromanzo. Kyle Baker, infine, si è occupato di alcune tavole un po’ diverse e particolari, rappresentanti la fase in cui, nel ’66, il gruppo rischiò per la propria incolumità durante le tappe asiatiche della loro tournée, interessanti tra le altre cose per il tratto, che ricorda da vicino la serie tv animata The Beatles.

Le prime pagine, che ci presentano il personaggio principale, lo fanno in modo crudo ed estremamente diretto. Ci mostrano una Liverpool certamente diversa da quella attuale, una città portuale insicura, dai colori freddi e cupi. È il blu che domina, le prime tavole si concentrano intorno alle sue tonalità, mentre ci mostrano Brian, omosessuale in un luogo e in un tempo in cui non essere eterosessuali portava alla prigione, venire abbordato da un marinaio che, fingendosi gay, lo isola e lo pesta a sangue. Una scena probabilmente inimmaginabile nella Liverpool odierna, ma ancora tristemente attuale per noi italioti. Le vicende proseguono mostrandoci l’impresa di famiglia Epstein, il negozio di dischi Nems, dove alcuni clienti cercano i brani di una nuova band locale. È solo quando Brian si recherà al Cavern, il leggendario locale dove si esibivano prima della celebrità, che i colori si accendono e vengono introdotte delle nuove tonalità, i rossi, gli arancioni, i gialli. Brian Epstein incontra per la prima volta i Beatles, e quell’incontro sarà destinato a cambiare il mondo. Nonostante la mancanza di esperienza in ambito manageriale, ma approfittando delle sue conoscenze nell’ambiente grazie al Nems, Brian si prenderà il compito di mettere a nuovo i ragazzi – basta mangiare e bere sul palco, basta fumare, basta parolacce, via le giacche di pelle a favore di completi eleganti, e un nuovo, originale taglio di capelli comune – per farli diventare «”quattro ragazzi di Liverpool”, qualcosa che tutto il mondo possa capire» e far ottenere loro un contratto discografico. Per raggiungere l’obiettivo si trova a rivivere tutti i propri fallimenti, ma l’ambizione stavolta è immensa: quei quattro hanno le potenzialità per diventare più grandi di Elvis.

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«Se il tempo è circolare e le nostre storie sono state già narrate, forse allora non possiamo cambiare il finale?»

Il quinto Beatle” ci accompagna attraverso le grandi tappe di quei sei anni: le difficoltà famigliari di John Lennon, la scalata delle classifiche, il successo britannico, la conquista degli Stati Uniti, i rischi per la loro incolumità in seguito alle affermazioni di essere più popolari di Gesù Cristo, la decisione di smettere con i live. Lo fa inquadrando la storia nel suo reale contesto – su tutti, non ci risparmia l’attentato a Kennedy – e senza entrare nei dettagli: John è l’unico membro del gruppo ad avere un minimo di spazio in più, in virtù del suo stretto rapporto con Brian, e giusto verso il finale emerge per un paio di tavole anche la figura di Paul. George fa presenza, più che altro, mentre Ringo rimane solo di contorno. È pur sempre, come cita il sottotitolo, “La storia di Brian Epstein”, e sono le sue vicende ad avere il sopravvento: gli psicofarmaci («Queste dovrebbero aiutare, per la sua stanchezza. E l’uso costante nel tempo sarà d’aiuto anche per l’altro… problema.» «Dottore?» «Le inclinazioni… intime.»), il rapporto con l’assistente Moxie, la smisurata ambizione, l’amicizia sincera con l’avvocato Nat Weiss, la difficile storia con Dizz, il suo amante americano, l’incontro-scontro con il colonnello Parker, manager di Elvis Presley. È una storia piena di difficoltà, perché Brian non è solo gay in una società omofoba: è anche ebreo in un mondo antisemita. Non solo, ovviamente. È pur sempre un manager senza esperienza nel settore, e la gestione di un fenomeno di proporzioni inedite lo porta a una serie di scelte sbagliate e di mosse controproducenti. La sceneggiatura di Tiwary racconta tutto ciò in maniera piuttosto comprensibile anche per chi dei Beatles non sa nulla, mentre chi li conosce apprezzerà il cameo di Yoko Ono piuttosto che i dialoghi tra Brian e John durante le vacanze spagnole. Volendo riassumere ‘la storia di Brian Epstein’, potremmo dire che è una storia d’amore. Una storia di amore cercato e voluto, ma mai raggiunto. Non nel senso canonico del termine. Perché, anche se non ebbe mai l’occasione di condividere le sue difficoltà e le sue soddisfazioni con un’anima gemella, è stato un personaggio amato e ben voluto da molti, e difficilmente si potrà chiudere questa graphic novel senza essersi emozionati. Rimane solo da sperare che l’annunciato film che ne sarà tratto, con Peyton Reed (Yes Man, Ti odio, ti lascio, ti…) in cabina di regia, si riveli in grado di rendere onore a questa meravigliosa storia, e al[l’in]dimenticato Brian Epstein.

«In quel momento capii che eravamo nei guai. Mi rendevo conto che non sapevamo fare altro, oltre a suonare, ed ebbi paura. [Quando Brian morì] Pensai: “Siamo fottuti”.»
- John Lennon, 1970

 

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