Mafia: The City Of Lost Heaven [Recensione]

Mafia: The City Of Lost Heaven

Il sogno americano, questo psicolabile.

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“Sapete, il mondo non è governato da leggi scritte, ma dalle persone. Alcune seguono le leggi e altre no. Dipende da ciascun individuo come sarà il mondo, da come lo crea. E ci vuole anche un bel po’ di fortuna, per evitare che qualcuno ti renda la vita un inferno. Non è facile come ti insegnano alle elementari. Ma è giusto avere dei solidi valori e rispettarli. Nel matrimonio, nel crimine, in guerra, insomma sempre e dovunque. Io ho fallito. Come Paulie e Sam. Aspiravamo a una vita migliore, ma in fondo eravamo peggiori della maggior parte della gente. Sapete, credo che sia importante mantenere l’equilibrio. Già, l’equilibrio, è la parola giusta. Perché chi vuole troppo rischia di perdere assolutamente tutto. Certo, chi vuole troppo poco dalla vita, rischia di non ottenere assolutamente nulla.”

Mafia è un titolo insolito e per capirlo appieno dobbiamo fare un consistente balzo indietro nel tempo di quasi dodici anni – precisamente fino all’agosto del 2002 – e calarci nei panni del videogiocatore medio che per la prima volta vede questo titolo tra gli scaffali del suo negozio di videogiochi di fiducia.

Immaginiamo che decida di comprarlo (anche grazie alla spinta che GTA III aveva da poco dato al genere free roaming) e focalizziamo la nostra attenzione nell’esatto momento in cui, una volta finita quella che all’epoca doveva essere un’installazione monumentale, l’utente si ritrova davanti a questo.

Bene, adesso possiamo cominciare a parlarne.

L’atipicità del titolo non deriva tanto da un maestoso comparto tecnico (vetta raggiunta da ben pochi altri titoli in quegli anni) o da un gameplay spettacolare e adrenalinico, bensì dal conseguimento assoluto di una caratteristica che ogni prodotto di un’industria altamente interattiva come è quella videoludica dovrebbe avere per essere elevato allo status di capolavoro: l’immersività.

L’immersività di Mafia trascende l’essere un gangster game perché di quelli ce ne sono tanti, affonda le sue radici nel fertile terriccio che è l‘ambientazione della New York degli anni ’30 ma soprattutto si imbeve di quella fonte di vita eterna che è la sua trama, capolavoro quasi hollywoodiano, forte dei suoi dialoghi di altissimo livello e di una narrazione estremamente efficace che vi terrà letteralmente incollati allo schermo fino al suo epilogo.

Un’immersività che, combinata a un tale nome e alla presenza di tematiche più “mature” del solito, non ha mancato di innalzare i soliti, bigotti polveroni mediatici sull’eccessiva quantità di violenza in quello che è solo un videogioco. Soliti discorsi fatti da chi, di fronte a questo tipo di prodotto, li denuncia a priori e sceglie quindi di non vedere, non sentire. Ebbene, noi tutti preferiremmo che scegliesse di non parlare.

La story mode è un unico, lungo binario con ben poche deviazioni. Le sole missioni secondarie saranno quelle utili per il recupero di alcuni veicoli extra. Il gioco pecca quindi di una eccessiva linearità che però è ampiamente compensata da un gran numero di missioni principali sempre diverse fra loro, divertenti e dannatamente impegnative (a volte addirittura frustranti).

 

Un’offerta che non potremo rifiutare.

No davvero, non potremo.

Corre l’anno 1930, Thomas Angelo non è che uno dei tanti tassisti nella città di Lost Heaven (località fittizia liberamente ispirata a New York), ma le cose per lui stanno per cambiare radicalmente. Una notte, durante la solita pausa sigaretta, il rumore di una frenata improvvisa cattura la sua attenzione, seguito da quello di uno schianto… Poco dopo, due uomini vestiti in modo elegante girano l’angolo della strada. Uno dei due sta zoppicando faticosamente, è ferito, e l’altro, puntando una pistola in fronte al malcapitato tassista, gli intima di ripartire in fretta e furia per sfuggire ai loro inseguitori. Tommy decide che è meglio non scherzare con gente del genere e, dimostrando una notevole capacità di guida, dopo una rocambolesca fuga (con tanto di sparatoria) li riaccompagna al bar di Salieri, un Don della malavita che non mancherà di ricompensarlo a dovere. In fondo, Il Don è buono con gli amici… Ma impassibile con chi tradisce.

Qualche giorno dopo gli stessi buontemponi da cui stava scappando quella notte (che si erano abilmente segnati il suo numero di targa) decidono di devastargli il taxi con delle mazze da baseball, e dopo averlo tirato di peso fuori dal veicolo le danno di santa ragione anche a Tommy stesso. Per puro caso si trova a qualche isolato dal bar di Don Salieri e decide di farsi restituire il favore. Una volta liberatosi dalla violenta morsa dei due picciotti si dà nuovamente alla fuga attraversi i vicoli stretti della città. I suoi inseguitori, ignari del suo piano, entrano a loro volta nel bar e ovviamente ci escono con le gambe stese.

Tommy comincia dunque a frequentare il bar, conoscerà il Don Salieri, che è di origini siciliane, e stringerà amicizia coi suoi più fidati scagnozzi: Sam, Paulie, Frank, eccetera… Insomma, tutta la famiglia.

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Una giornata come tante al bar Salieri.

 

America lost its innocence.

Lost Heaven è un affresco perfetto della società americana durante gli anni del proibizionismo, fenomeno che ha portato alle organizzazioni criminali enormi introiti grazie allo smercio illegale di alcolici.

La Mafia sta cambiando. Salieri è un Don alla vecchia maniera, che aiuta i suoi protetti anche finanziariamente ed è rispettato da tutti i suoi galoppini e da coloro con cui si mette in affari. Ma non tutti sono come lui, purtroppo. Sull’altro lato della medaglia c’è incisa la faccia di Don Morello. I  due ora sono in conflitto sullo stesso territorio ma Morello, al contrario di Salieri, è uno psicopatico egoista e pensa che tutte le situazioni vadano risolte con la violenza. È un Don irascibile e assetato di potere, che si comporta in modo opprimente con coloro da cui vuole qualcosa.

È questo lo scenario che i ragazzi di Illusion Softworks (futuri 2K Czech… baciamo le mani) hanno scelto come ambientazione per il loro gioco e funziona alla grande.

La città è pulsante di vita propria e i suoi abitanti sono reattivi e si comportano in modo molto realistico. Se cominceremo a percuotere un povero malcapitato lo vedremo correre via alla velocità della luce, piegarsi ad implorare pietà o persino risponderci a suon di cazzotti nelle gengive, a seconda del caso. Di giorno, col bel tempo, i parchi saranno popolati da decine di persone intente a farsi una serena passeggiata, a volte accompagnati dal loro fidato cagnolone. La sera, al contrario, vedremo ben poca gente in giro e magari alcuni gruppi di barboni attorno ad un fuoco.

La realizzazione tecnica è, come già detto, impressionante e pensare che questo sia un titolo vecchio di dodici anni fa davvero pensare. Le ombre sono gestite in modo dinamico, le texture e i modelli poligonali sono eccellenti, in particolare i volti dei personaggi principali che trasmettono un’espressività stellare, da empatia. Un po’ meno quelli dei personaggi secondari… Ma c’è bisogno di dirvi che è normale?

Qualche sbavatura grafica qui e lì: alcune texture, soprattutto cartelloni, gigantografie e scritte varie, se guardate da lontano tendono a sgranarsi o addirittura a scomparire, stessa cosa per alcune ombre. Inoltre la profondità visiva anche se portata al massimo non eccelle, rimanendo comunque molto più che sufficiente.

 

The Running Man.

Il comparto audio è senza ombra di dubbio uno dei punti più alti della produzione. La colonna sonora è interamente composta da pezzi ispirati ai più famosi brani jazz dell’epoca, che cambieranno in base al quartiere in cui ci troveremo.

Una vera e propria gioia per le orecchie, sebbene alcune tracce, dopo diverse ore di gioco, verranno un po’ a noia.

Il cinguettio degli uccellini nei pressi di un giardinetto, il rumore delle onde e della pioggia, che cambia a seconda della parete su cui essa batte, il rombo delle automobili e persino il silenzio delle zone di periferia… Ogni suono presente nel gioco è stato registrato e contestualizzato con estrema cura dei dettagli (mi sono personalmente trovato a dover mettere in pausa per capire se il boato di un fulmine provenisse dal mondo di gioco o da quello reale).

Il doppiaggio in italiano è di qualità altamente superiore alla media. Vuoi perché la maggior parte dei protagonisti sono italo-americani o perché sentire la cadenza siciliana di Paulie è uno spasso (e perché no, magari anche per la bravura dei doppiatori stessi!), ma nonostante il doppiaggio originale sia come al solito inarrivabile, l’intera trasposizione in lingua nostrana ha un suo valido e tamarro perché.

 

Canadian Whiskey!

Le missioni presenti in Mafia sono in tutto venti, per una longevità totale della modalità storia di circa dodici ore.

La difficoltà generale degli scontri a fuoco è davvero elevata grazie ad un I.A. dei nemici molto aggressiva. Basterà infatti un piccolo errore, come ad esempio uscire dalla propria copertura al momento sbagliato, e ci ritroveremo sotto una fontana di piombo. Aggiungiamo al tutto un sistema di checkpoint parecchio distanti tra loro e la presenza di soli uno o due medikit a missione e… Che le bestemmie abbiano inizio.

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Dopo aver svolto un compito particolarmente impegnativo, per il nostro Tommy è arrivato il momento di una bella pausa sigaretta.

Ma non scordiamoci che Mafia è un free roaming. Tra una missione e l’altra è infatti possibile esplorare Lost Heaven in lungo e in largo anche se, purtroppo, i punti di interesse sono davvero pochi. È stata pensata una modalità chiamata “Fatti un giro” in cui dovremo guidare in modo folle, uccidere i gangster avversari e compiere altre malefatte per guadagnare più soldi possibili e comprare armi migliori per scatenare l’armageddon nelle strade. Questa modalità sfrutta effettivamente al meglio l’ampia mappa di gioco ed è davvero spassosa, ma dopo poco risulta ripetitiva e palesemente fine a sé stessa.

Il sistema di guida è un altro piccolo gioiello di questo gioco. Ogni vettura ha infatti caratteristiche diverse dalle altre (peso, accelerazione, manovrabilità, ecc.) e facendo dei favori al nostro meccanico di fiducia otterremo macchine sempre più lussuose e veloci. L’ottima fisica dei veicoli e la precisa responsività dei comandi renderanno le lunghe sessioni di guida tra una missione e l’altra una vera goduria… Salvo l’incrociare una volante della polizia mentre sfrecciamo a cento all’ora. In caso di infrazione delle regole stradali, infatti, se visti dalla polizia verremo subito invitati ad accostare e a pagare una tangente. Toccherà a noi allora decidere cosa fare, vi basti sapere che se scegliete di darvi alla fuga conviene prepararsi al peggio: gli sbirri di Lost Heaven sono dannatamente bravi a guidare e una volta scappati per troppo tempo si attiverà una vera e propria modalità allerta e tutte le pattuglie in servizio cominceranno a darvi la caccia. Sarete dunque costretti a trovare un nascondiglio funzionale e a rimanere invisibili anche per diversi minuti.

Questo sistema risulta realistico ma allo stesso tempo è una delle scelte più dubbie dell’intero gameplay. Spezzerà spesso il ritmo di gioco e vi farà fallire innumerevoli volte alcune particolari missioni focalizzate sulla guida cittadina. Il tutto ha anche diverse lacune: basterà infatti passare dal marciapiede quando il semaforo è rosso per non farci dare la caccia… il controsenso non è contato come infrazione!

Proprio per il funzionale sistema di guida è stata inserita una terza modalità di gioco, decisamente più interessante, chiamata “A tutto gas” e composta da diciannove gare utili per sbloccare altrettante auto fuoriclasse.

L’HUD è semplice ma completa. In basso a sinistra avremo l’indicatore di salute (con un numero che va da uno a cento), nostro e dei nostri compari di sparatorie, e accanto ad esso quello delle munizioni. Occasionalmente apparirà un punto esclamativo rosso ad indicare che potremo interagire con l’oggetto di fronte a noi tramite il tasto azione. Una volta entrati in un’auto apparirà il classico tachimetro e due bussole, una piccolina che ci indicherà la direzione dell’obiettivo, l’altra, decisamente più grande, ci sarà utile per… Nulla. Assolutamente nulla. Inspiegabilmente, su questa bussola che sarebbe stata perfetta per una minimappa, non apparirà nulla se non dei segnalini bianchi che indicheranno le vetture attorno a noi, su uno sfondo totalmente blu. Saremo infatti costretti ad aprire frequentemente la mappa in real time, a schermo intero ma fortunatamente ben realizzata e trasparente al punto giusto, e questo ci costringerà a rallentare  spesso per evitare di schiantarci. Davvero inspiegabile.

Considerazioni finali.

Mafia nel 2002 era un gioco avanti in tutto e per tutto, un titolo portato al successo grazie alla geniale intuizione dei ragazzi di Illusion Softworks: una trama di uno spessore unico che va guardata, ascoltata, vissuta ma soprattutto giocata grazie ad un sistema di sparatorie di indubbia qualità; e che farà vivere al giocatore una personalissima battaglia morale a seconda del suo punto di vista.

Qualche minore imperfezione tecnica e nella formula di gameplay non impediscono a questo gioco di svettare trionfante tra i capolavori assoluti del genere action/free roaming. Un vero e proprio must play.

PS: Evitate, se potete, le versioni console, che sono tecnicamente/contenutisticamente diverse spanne sotto. Il gioco è molto datato e dovrebbe girare bene anche su configurazioni non esattamente moderne…

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