I grandi album del passato: Symphony X – The Damnation Game

Dopo Symphony X, primo lavoro della band uscito nel 1994, l’omonimo gruppo decise di sostituire nel 1995 l’allora frontman Rod Tyler con Russel Allen. Il definitivo successo mondiale arrivò 2 anni dopo con The Divine Wings of Tragedy, ma quest’oggi parleremo della prima fatica con Allen alla voce, e cioè il sottovalutato The Damnation Game.

L’arrivo di Allen permise ai Symphony X di allestire il primo disco con tutti gli stilemi del gruppo: riff di chitarra rabbiosi, virtuosismi tecnici del duo Michael Romeo (chitarra) e Michael Pinnella (tastiera), influenze Progressive Rock e persino classiche (sentire certi vocalizzi per fugare ogni dubbio). Il disco è una piccola gemma di Symphonic – Prog Metal, precursore degli ottimi album che il gruppo creerà negli anni a venire.

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La band nel 1995, da sinistra Romeo, Rullo, Pinnella, Miller e Allen

Il disco si apre con la title-track The Damnation Game, che parte con un riff chitarra-tastiera ipnotico e spaventoso, per entrare in una strofa tenuta su dal doppio pedale di Jason Rullo e dal basso di Thomas Miller (che lascerà la band nel 1998). La voce di Allen è potente, cattiva e carismatica dal primo vocalizzo, e offre subito un assaggio della sua flessibilità nel pre-ritornello del brano. Il pezzo continua su binari Symphonic-Prog, quasi Power grazie alla doppia cassa (quasi) sempre presente, ma sempre impreziosita da cori cantati in modo eccezionale. Dopo metà canzone si ha il primo doppio solo chitarra-tastiera, di gran fattura. Plauso anche per i groove di Rullo, batterista dalla tecnica ineccepibile.

Dressed to Kill si apre con una chitarra Thrash che sfocia in un riff simile al primo brano; il tutto lascia però spazio ad una strofa più vicina ad una Power Ballad cattiva ed arrabbiata; ancora Allen impreziosisce il tutto con una voce fantastica e usata in modo impeccabile; il ritornello e il bridge successivo ci riportano ad uno stile più Heavy, mentre il bridge pre-ritornello ci dà un un assaggio del finale del brano. Stupendo il solo di chitarra supportato dalla tastiera, che si rifà in chiave Prog Metal al leggendario solo finale di Highway Star dei Deep Purple.

The Edge of Forever è senza dubbio una delle canzoni più Prog e meglio riuscite dell’intero album; parte con un arpeggio lieve di chitarra supportato dagli altri strumenti per entrare poi in una strofa con chitarra in levare; è solo un’anticipazione della vera e propria strofa, dove il piano di Pinnella la fa da padrone. Stacco e voce soave e delicata di Allen; in meno di 2 minuti i 5 hanno già cambiato 4 stili. E il quinto arriva proprio ora, con un Romeo condottiero supportato dal resto del gruppo in un riff più Heavy che sfocia in una strofa molto cattiva, con tanto di solo a meno di tre minuti. La struttura è tipicamente Prog, visti i repentini cambi di stile, i solo e la parte vocale assente. L’ennesimo stacco ci porta ad una chitarra appena arpeggiata, intro perfetto per una parte a due voci capace di far venire i brividi anche dopo 1000 ascolti; qui Allen da ancora una volta prova di essere un cantante straordinario, con una voce fantastica che sa usare a suo piacimento. Si entra con calma nel ritornello, cantato sempre a due voci e con strumenti più incazzati; anche qui i cori sono fantastici, una delle parti migliori del brano. Da qui il pezzo si fa più semplice nella struttura, con l’immancabile solo di Romeo ad impreziosire il tutto.

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Il cantante Russell Allen

Savage Curtain è il brano più breve dell’intero album, canzone Heavy Prog di ottima fattura ma non all’altezza della canzone che la precede, né tanomeno di quella che la segue.

Whispers, infatti, spiazza fin dal suo primo ascolto; le sonorità son più vicine al Prog anni ’70, e l’intro si trasforma presto in una ballata malinconica perfettamente suonata dal gruppo; il ritornello però lascia a bocca aperta grazie agli straordinari vocalizzi che sembrano essere usciti da uno dei migliori brani dei Queen. Un pezzo che strizza l’occhio al Prog, alle Power Ballad e all’Opera; poche volte ho sentito un brano di così gran qualità e originalità. Il break riprende l’inizio del brano e sorprende ancora, con una pausa e un solo fantastico, ben ritmato e con un sottofondo azzeccatissimo.

Con The Hauting torniamo alle atmosfere cupe e spaventose di inizio album, con una tastiera Horror e un basso che accompagna in modo impeccabile la batteria; i quattro si lasciano andare ai virtuosismi e ne esce un’intro fantastica, con i ben pensati solo di chitarra e tastiera a fare da apripista ad un Allen che tiene ancora lo stile dei brani precedenti, almeno per la prima parte; nel ritornello esce tutta la rabbia e la potenza che questo cantante riesce a regalarci; il brano non dimentica però parti più malinconiche come il break dopo il secondo ritornello, parti che si sposano perfettamente con la tastiera Dark che accompagna gran parte del brano.

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La copertina del disco (Zero Corporation)

Con Secrets l’atmosfera si fa sempre più cupa, con le solite tastiere di Pinnella ad accompagnare le schitarrate Thrash di Romeo; la tastiera è la vera forza di questa canzone, una tastiera sempre in secondo piano ma sempre presente, che supporta gli altri strumenti per tutto il brano. Immancabili solo di chitarra e tastiera, vocalizzo pre-ritornello e chiusura.

L’ultimo brano è una mini suite divisa in due parti intitolata In a Winter’s Dream. Prelude parte con un arpeggio delicato e una tastiera che ben si sposa con le 6 corde di Romeo; la voce è soave e leggera e il pezzo è impreziosito da ottimi vocalizzi e un sapiente uso delle seconde voci. Il tutto è una intro per la seconda parte del brano, The Ascension. Qui il timbro cambia drasticamente, con un riff decisamente Heavy che riprende in parte la precedente parte del brano nella strofa e nel ritornello. Brano ottimo che chiude nel migliore dei modi il disco.

Non sarà ricordato come il disco del successo per i Symphony X, ma The Damnation Game è un album di grandissima qualità, uno dei migliori lavori del gruppo americano e uno dei capisaldi del Progressive Metal odierno.

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