[Recensione] Capitan America – The Winter Soldier

Parlare, o meglio, scrivere di Capitan America – The Winter Soldier (il nuovo mega-cinecomic appartenente all’universo Marvel) è difficile.
Difficile perché, per la prima volta, si può dire che la Marvel e il deus ex machina del suo versante cinematografico, Joss Whedon, sono riusciti ad allontanare, davvero, l’aspetto meramente fumettistico da quello cinematografico, e riuscire a parlare di questa impresa rimanendo, o almeno provandoci, oggettivi senza essere presi dall’ entusiasmo dal quale, con ogni altro fan della Marvel, io sono stato preso dopo la visione della pellicola è molto, davvero, molto difficile.
Sto delirando?
Probabile.

Seguite il mio ragionamento, però, magari continuando a leggere questa recensione e, forse, riuscirò a spiegarmi e voi a capirmi. Partiamo, come è giusto che sia, dall’inizio, partiamo dalla trama.

Due anni dopo gli eventi di The Avengers, Steve Rogers vive a Washington, DC, dove continua a lavorare per lo S.H.I.E.L.D. e allo stesso tempo cerca di adattarsi alla società moderna. Dopo aver conosciuto il veterano di guerra Sam Wilson durante una corsa mattutina, Rogers viene chiamato dallo S.H.I.E.L.D. per salvare una sua nave da alcuni pirati algerini guidati da Georges Batroc. A bordo, Steve scopre l’agente Natasha Romanoff mentre preleva a sua insaputa dei file dai computer della nave, instaurando in lui il dubbio su quanto ci si possa effettivamente fidare dello S.H.I.E.L.D. Al quartier generale dell’agenzia, il Triskelion, Nick Fury mostra a Rogers il progetto Insight: tre helicarrier collegati a satelliti spia e progettati per prevenire qualsiasi tipo di minaccia.

Insomma, i fratelli Russo, alla regia della pellicola, decidono (ma, molto probabilmente, è una decisione da imputare più al già citato Whedon che ai fratelli-registi) di associare la figura di Capitan America allo S.H.I.E.L.D.
Nel caso foste estranei al mondo Marvel, a tutti i film precedentemente usciti in sala con i supereroi e ai tantissimi fumetti prodotti dalla casa delle idee, dovete sapere che lo S.H.I.E.L.D. è una sorta di mega-organizzazione globale di spionaggio e antispionaggio di matrice prettamente americana ma con libertà di azione in tutto il pianeta (una sorta di C.I.A. che può agire in tutto il pianeta… e in più ci sono i supereroi).
Ecco, associare in maniera così forte Capitan America a questa mega-organizzazione, inevitabilmente, ha contribuito a dare alla pellicola una necessaria atmosfera da spy-story.
Da dire, però, c’è che anche nel mondo fumettistico Capitan America è “il più spia di tutti i supereroi Marvel“.
Saranno le sue origini, sarà il suo modo di agire ma, inevitabilmente, immaginiamo il caro e vecchio Cap come una super-spia/super-soldato che, improvvisamente, si ritrova in un’altra era.
Il film, quindi, procede proprio in questo modo; procede proprio come una spy-story: ci sono gli intrighi (tanti), c’è l’azione (tanta), c’è qualche simpatica gag e ci sono i supereroi.
Si, non dimentichiamocelo, ma pur sempre di un film della casa delle idee stiamo parlando e, per giunta, il protagonista è uno dei supereroi più famosi e importanti dei tanti ideati dal geniale Stan Lee, quindi eliminare l’aspetto fumettistico sarebbe stata una scelta sbagliata e criticata da tutti i fan del mondo Marvel: raramente, come in questo caso, era necessario bilanciare due aspetti, creare un connubio in perfetto equilibrio.
Proprio questo connubio, proprio questo equilibrio viene ricercato durante tutta la pellicola e proprio questo rende la pellicola, paradossalmente, la migliore pellicola Marvel.
Provate a riflettere con me, uno dei problemi maggiori che si poteva presentare agli autori delle trasposizioni cinematografiche dei fumetti Marvel era lo scarso interesse che queste potevano riscontrare nei confronti dei non-fan del mondo Marvel: perché un ragazzo che non ha letto le vicende di Iron-Man, di Capitan America, del Mitico Thor o dei Vendicatori dovrebbe volerne vedere la loro versione al cinema?
Perché chi non ha letto i fumetti dovrebbe volerne vedere una versione cinematografica?
Certo, i cinecomic non sono una trasposizione letterale dei fumetti Marvel (lo so, specialmente in quanto lettore dei fumetti), ma questo dettaglio ben poco conta per chi i fumetti non li ha mai letti.
La soluzione a questo problema è una sola, per quanto paradossale: rendere la trasposizione cinematografica del mondo Marvel il più lontana possibile dal mondo dei fumetti e il più vicino possibile a quello del cinema.
I precedenti cine-comic Marvel, infatti, sono tutti dei tentativi, alcuni più riusciti e altri meno, di raggiungere questo perfetto connubio collocandosi lungo il continuum che va da troppo vicino ai fumetti ma lontano dal cinema a troppo lontano dai fumetti ma troppo vicino al cinema.
Pensate ad Iron Man, Iron Man 2, Iron Man 3, The Avengers e a tutte le altre pellicole e vedrete che sarete capaci di collocarle, voi stessi, lungo questo continuum. Beh, dopo anni e anni di tentativi Joss Whedon e la sua allegra combricola ci sono riusciti, hanno trovato l’equilibrio perfetto: Capitan America – The Winter Soldier è un cine-comic ma è anche un thriller, una spy-story ed un action.
Via villain superpotenti, via eserciti di alieni che per poco valide motivazioni decidono di invadere il nostro pianeta, via villain che, molto presto, vengono sconfitti non si sa nemmeno come.
Capitan America – The Winter Soldier è tutta un’altra storia. Con una trama ricca di colpi di scena, che non ha problemi nemmeno ad ingannare lo spettatore (proprio come succede nelle spy-story meglio riuscite), villain cattivi (potenti ma non SUPER-potenti) e con un chiaro motivo dietro i loro oscuri e malvagi obiettivi la pellicola riesce a filare liscia e a intrattenere lo spettatore.
Una trama che dimostra come il lavoro compiuto dagli autori della pellicola sia stato capace di andare oltre il mero intrattenimento puro e semplice, del quale erano caratterizzate altre pellicole, The Avengers in primis, cercando di introdurre un messaggio, una sorta di analisi e un confronto con la realtà della società odierna e americana: il contrasto tra voglia di libertà e necessaria sicurezza che, fin dall’11 settembre, è sempre più forte.
Rivolgendo la mia attenzione, poi, ad aspetti più tecnici non posso non dire che i fratelli Russo riescono a governare bene la macchina da presa, specialmente durante le scene action (e ce ne sono tante), senza creare nello spettatore confusione o disturbo. Le scene filano via che è un amore.
L’interpretazione di Chris Evans e degli altri membri del cast, devo dire la verità, non è omogenea.
Samuel Lee Jackson e la bellissima Johansson riescono a calarsi nei ruoli da loro interpretati perfettamente e lo stesso vale per Redford, Stan e Mackie; unica nota dolente si dimostra, proprio, quella del protagonista Chris Evans che, pur dimostrandosi molto abile nelle scene più puramente d’azione, non riesce a mantenersi tale anche nelle scene in cui c’è da parlare di più e picchiare di meno.
Diciamolo chiaramente, per quanto fisicamente possa essere simile alla sua versione fumettosa, il povero Evans non riesce a trasmettere il carisma di quello che tra tutti i supereroi Marvel é sicuramente il più carismatico e unico, capace di guidarli, unirli, di essere il loro leader (il fatto che in The Avengers, o in qualsiasi altra occasione di confronto, il carisma di Evans, e non solo, venga surclassato totalmente da Robert Downey Jr. ne è una prova).
Se, quindi, la pellicola si dimostra un gran bel film per chi di Marvel ne capisce poco o niente, chi, invece, di fumetti ne ha letti e letti non si sentirà tradito e non vedrà le vicende narrate essere totalmente scollegate dalla loro origine. Abbondano, infatti, easter egg, cameo e tanti di quei tasselli che contribuiscono ulteriormente a costruire quell’universo Marvel che nei fumetti è già presente ma che al cinema, invece, è tutt’ora work in progress. Una pellicola, insomma, che non tradisce i fumettari né risulta incomprensibile ed odiosa a chi, invece, di fumetti non ne capisce niente: un perfetto connubio, il miglior cine-comic Marvel fino ad ora uscito al cinema.
Voto: 8,5/10

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