Assassin’s Creed: successo o insuccesso?

Risale al 2007 il lancio del primo capitolo della ormai famosissima serie di videogiochi targata Ubisoft Montreal, Assassin’s Creed. Senza ombra di dubbio, si trattava di un titolo molto promettente sotto diversi aspetti. Fin dall’inizio, Assassin’s Creed e il suo primo protagonista, Altaïr, hanno avuto una presa commerciale incredibile sulla nuova generazione di videogiocatori dell’epoca. Uno dei pregi di AC – no, non stiamo parlando di Animal Crossing – è proprio la sua componente cinematografica, che metterebbe curiosità persino ad un profano di videogiochi.

 

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Protagonisti dell’appassionante vicenda sono una schiera di Assassini in costante lotta contro i Templari, un gruppo di uomini potenti che mirano a instaurare la “pace” tramite l’abuso del loro potere politico e della Mela, lasciata sulla Terra da una popolazione precedente all’umanità – poi scomparsa per motivi ancora poco chiari – chiamata la prima Civilizzazione. Fra gli Assassini, vi è sempre un uomo destinato a diventare leader, primo fra questi Altaïr, colui che prima farà piombare nel caos l’ordine degli Assassini a causa del suo egoismo, ma poi, conscio dei suoi errori, ne prolungherà la vita diventandone il mentore. E in tutta questa storia, sebbene vi siano anche interessanti riflessioni metafisiche che passano però facilmente in sordina, la fa da padrone la componente action del gioco. Il giocatore, nei panni dell’Assassino protagonista, deve portare a termine una serie di missioni inerenti alla trama, principalmente assassinii di Templari e loro alleati, lanciandosi da altezze improbabili, scalando edifici con una tecnica degna dell’Uomo Ragno, imparando a compiere i propri omicidi nei modi più svariati e meno (o più) appariscenti possibile. Tutta questa serie di azioni spettacolari, sono risultate al pubblico molto divertenti, e credetemi, lo sono sul serio, diventando il cavallo di battaglia di tutta la saga.

 

Assassin’s Creed è inoltre un gioco open world, in cui il giocatore può esplorare un mondo abbastanza grande e andare dove vuole, fare quello che gli pare e quando gli pare, il che regala anche un senso di libertà in quanto lo svolgimento delle varie missioni non è lineare e dà un certo respiro tra una quest e l’altra. All’interno del mondo vi sono nascosti vari segreti da leggere e sbloccare, molti oggetti da raccogliere, side quest da portare a termine… Insomma, c’è molto da fare e il titolo risulta quindi molto longevo.

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La ricostruzione del Colosseo a Roma, in Assassin’s Creed Brotherhood.

Il gioco colloca le sue vicende, sul piano temporale, nei più tumultuosi periodi storici dell’umanità: si va dalle Crociate in Terra Santa, passando per il Rinascimento italiano, per arrivare fino alla guerra d’indipendenza americana. Su questo punto, una lode particolare va fatta a Ubisoft per la cura e il realismo con cui sono ricreati gli ambienti, le città e il contesto storico-sociale. Per realizzarli, sono stati fatti dei veri e propri studi prima della produzione del gioco in sé, che hanno portano poi alla ricostruzione fedele di città famose (come ad esempio Firenze e Venezia, anche se poi le loro dimensioni sono comunque adattate a quelle di gioco) e alla riproduzione di un contesto politico, nel quale i Templari sono i protagonisti in genere, alquanto credibile anche per un ignorante in materia. 

 

Alla trama principale della lotta tra Assassini e Templari, si affianca la “vera” storia che Assassin’s Creed vuole narrare, ossia un racconto dei nostri tempi, con una spolverata di fantascienza, nel quale un gruppo di scienziati di un’azienda chiamata Abstergo, nel 2012, ha trovato il modo per estrarre dal DNA delle persone i ricordi dei loro antenati, per poi riprodurli tramite un aggeggio super-tecnologico chiamato AnimusPer questa ricerca scientifica il giocatore è chiamato a vestire i panni degli Assassini dei tempi antichi, rievocare i loro ricordi e le loro storie, impersonando un assassino contemporaneo: Desmond Miles. Questa ricerca è stata in qualche modo commissionata dai Templari dei tempi moderni, per cercare il luogo in cui la Mela della prima Civilizzazione è stata nascosta, e gli Assassini sono pronti a ostacolarla. Insomma, è un espediente simpatico – che prelude l’inizio di una guerra moderna fra Templari e Assassini - necessario per creare una trama interessante nel suo insieme, e per NON farlo sembrare semplicemente un videogioco di serie B, basato solo sulla spettacolarità del gameplay, piuttosto che su una storia di fondo ben congegnata.

I quattro assassini protagonisti. Da sinistra: Altair, Ezio, Connor e Kenway.

I quattro assassini protagonisti. Da sinistra: Altair, Ezio, Connor e Kenway.


Queste sono in breve, le fondamenta dell’intera saga di Assassin’s Creed. Ma soffermiamoci su cosa successe dopo il lancio del primo capitolo del gioco. È stato rivelato che Assassin’s Creed era nato come un capitolo spin-off, o addirittura come un seguito, di una loro già rinomatissima serie, Prince of Persia. Tuttavia questo progetto continuò ad evolversi generando meccaniche completamente nuove – discostandosi dalla serie originale per cui era stata pensata – quindi venne presa la decisione di farne un prodotto a sé stante. Inizialmente, non ebbe tutto questo successo. Il gioco ottenne perlopiù critiche positive, ma fu difficile proporre ad un pubblico giovane un prodotto in grado di trattare tematiche delicate e poco conosciute come le Crociate e allo stesso tempo cercare di renderlo il meno banale possibile. Spinti comunque dal buon risultato ottenuto, gli sviluppatori si convinsero a proseguire la serie, rilasciando nel 2009 il secondo capitolo, Assassin’s Creed II, ambientato in Italia tra Toscana, Venezia e Roma, cosa che fece a dir poco impazzire il pubblico di tutto il mondo per la maggior presa commerciale che avevano queste location rispetto a Gerusalemme e dintorni. ACII risulta tuttora il capitolo più apprezzato e apprezzabile della serie. Ottenne un successo clamoroso, seppur le meccaniche di gioco fossero state di poco alterate rispetto al primo capitolo, giusto perché risultassero più abbordabili e ancora più graficamente spettacolari. Fatto sta che anche grazie alla figura del carismatico Ezio Auditore, il nuovo assassino protagonista, il gioco fu un successo a dir poco inimmaginabile, che nemmeno il publisher si sarebbe aspettato. Da quel momento, Assassin’s Creed continuò praticamente solo grazie ad una strategia di marketing mirata a rendere il gioco il più vendibile possibile. È facile vendere un prodotto dalle meccaniche semplici, che tutti possono imparare con il minimo sforzo, che si fonda quasi esclusivamente sulle ambientazioni e che mano a mano assume sempre di più quel tipo di storia e di gameplay che sono più mainstream. Ed è ancora più facile se il proprio prodotto ha successo nei rami meno “colti” in materia di videogiochi. 
Con questo non voglio dire che Assassin’s Creed sia un gioco per babbuini, anzi, ha delle cose molto belle che sarebbero dovute essere coltivate, ma proprio il fatto che i babbuini l’abbiano preso in mano, ha abbassato di molto il target a cui era indirizzato e di conseguenza le sue potenzialità. Quello che è successo una volta iniziata la sua scalata al successo, è stato fondamentalmente l’abbandono dell’interessantissima trama che l’autore del gioco era riuscito a costruire, diventata poi sempre più a dir poco incomprensibile, che ha rovinato le basi su cui si reggeva l’intero senso del gioco. Ma credo che comunque questa sia una mia personale sensazione, dato che ci sono giochi molto belli e rinomati anche senza avere una trama particolarmente rilevante, basti pensare a Super Mario o a The Legend of Zelda.

 

L'ambientazione naturalistica di Assassin's Creed III è meravigliosa. Tutto il resto del gioco, un po' meno.

L’ambientazione naturalistica di Assassin’s Creed III è meravigliosa.
Tutto il resto del gioco, un po’ meno.

Purtroppo non è stata solo la trama a perderci, sin da subito anche il gameplay ne è stato profondamente minato. Il target a cui il videogioco è indirizzato si è abbassato talmente tanto da rendere l’esperienza di gioco sempre più semplice e guidata, nonché esageratamente ripetitiva. Non ci sono più bandiere o piume da cercare esaminando ogni angolo della mappa, ormai sono tutte indicate da evidenti segnali posti su un radar, che rendono possibile a chiunque completare la collezione al 100%. Ormai non sono più necessarie pozioni o medicamenti per curare il proprio assassino, la vita si ricarica da sola, come nei più comuni fps moderni. E qualcuno qui potrebbe dire “È un gioco facile è vero, ma chi se ne importa? Se non riesco a completarlo, non mi piace.” E io potrei anche accettarlo, anche se da videogiocatrice di vecchio stampo, preferisco di gran lunga le sfide alla pappa pronta.

E voglio continuare col dire che se davvero anche la semplicità del gioco non avesse importanza, l’AC attuale ha carenze persino sul lato tecnico. Pur lasciando perdere i vari bug di cui tutti i capitoli della saga sono disseminati, non si può fare a meno di notare come la realizzazione tecnica si sia fatta sempre più squallida e meno curata, preferendo passare ad ambientazioni sempre meno complicate e più codificate come è successo purtroppo in Assassin’s Creed III, il quinto capitolo della saga, basato sulla rivoluzione americana. In questo capitolo, si è fatto largo uso di un’ambientazione naturalistica (boschi, montagne, campagne…), molto bella, non c’è che dire, ma poi affiancata da città anonime e prive di interesse in cui si svolge più della metà dell’azione di gioco. Inoltre, il senso del personaggio dell’assassino è andato terribilmente perdendosi con ACIII: in origine si trattava di un uomo che vive in solitudine e si nasconde dagli occhi della gente comune per eliminare i suoi obbiettivi, preferendo delle tecniche di combattimento molto stealth, e non certo di un pazzo che corre lanciando asce a gente armata di fucili mentre corre in mezzo ad un campo bombardato da palle di cannone solo perché è bello da vedere. Con l’arrivo delle next gen attuali, poi, la componente tecnica non ha fatto altro che fondarsi sempre più sulle potenzialità grafiche e cinematografiche del titolo che sul gameplay.

Le battaglie navali rappresentano il punto di forza di Assassin's Creed IV: Black Flag. Purtroppo finiscono col mettere in secondo piano la figura dell'assassino vero e proprio.

Le battaglie navali rappresentano il punto di forza di Assassin’s Creed IV: Black Flag. 

Il recente Assassin’s Creed IV ne è l’esempio lampante, tutto muscoli ma niente sostanza, nel quale la trama laterale degli Assassini nel mondo contemporaneo è stata quasi completamente messa in disparte, mentre le uniche cose innovative sono la vastità della mappa di gioco, il gameplay quasi interamente basato sulle battaglie navali – piuttosto che su gli assassinii  - e la presenza di una quantità immane di side quest (tutte guidate, logicamente), per il quale il titolo viene considerato il migliore della serie.

Ma guardatevi un attimo allo specchio e provate a pensare se è DAVVERO il migliore fra tutti. Io penso che ACIV non sia nient’altro che l’ultimo respiro di una serie promettente che è andata pian piano sfasciandosi a causa della sua eccessiva commercializzazione e distribuzione, nonché ripetitività nel riproporre sempre le stesse meccaniche. Non c’è molto da fare, io credo che in ogni caso AC continuerà ad avere successo ancora a lungo, data la sua vasta fetta di pubblico e mercato, ma arrivati a questo punto, dobbiamo veramente chiederci “quali saranno i videogiochi del futuro?”, se tutti i produttori finiranno col basarsi sulla moda e sulla tendenza, senza curarsi più di cosa significhi divertire veramente qualcuno anche senza far uso di una grafica da cinema, e continuando a ripiegare su una trama banale da quattro soldi, che tanto, a quella non bada mai nessuno.

 

Un malinconico artwork di Ezio Auditore in Assassin’s Creed Revelations (quarto capitolo della serie); sullo sfondo, la splendida Costantinopoli.

 

 

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